
Perchè rivolgersi ad uno psicologo
Cosa porta i giovanissimi a cercare prove per superare i limiti fino a provocarsi anche la morte? L’adolescenza è un momento molto difficile della vita, fatto di cambiamenti a 360°. Si attraversano molte crisi: di identità, affettive, di valori, incertezze sul futuro che, se vogliamo proprio dire, non è molto roseo. Ovunque si parla di crisi di lavoro, di difficoltà per i giovani di trovare una professione a tempo indeterminato, paure per attacchi terroristici, difficoltà e crisi di coppia. A questo si aggiungono le difficoltà familiari con un numero sempre maggiore di genitori separati, magari in conflitto tra di loro, poco dialogo nelle famiglie sia per le molte cose da fare per “mantenersi a galla” economicamente sia perché gli adulti sono presi dai social, da internet e cellulari. Ed ecco la solitudine, la voglia di trasgredire, di mettersi alla prova per dimostrare a se stessi di essere qualcuno, di diventare protagonisti. Ho chiesto a molti miei pazienti adolescenti se i loro genitori o insegnanti favoriscono il dialogo anche su questi temi così importanti. Mi è stato detto che i genitori a volte ne parlano ma gli insegnanti si limitano alle materie di studio. Finché anche i docenti ed il sistema scolastico non apriranno ai temi sociali e la considerazione dello studente come “essere umano e non come essere a cui dare un voto” non se ne verrà fuori. La rete e i social, che ci rendono connessi ogni momento, non ci fanno sentire paradossalmente più soli e cosa modificano nella naturale propensione alla ribellione adolescenziale? I social sono come una vetrina in cui la persona parla di sé e più facilmente diventa vittima di personaggi negativi che spiano le difficoltà altrui, sapendo poi manipolare le menti più fragili. Pochi si rendono conto che non sempre dietro ci sono persone buone o che comunque tutto ciò che scrivono o pubblicano rimane per sempre nel web. Quindi c’è sempre più solitudine, meno dialogo, meno rapporti umani profondi e molta apparenza, terreno fertile per la tristezza e il senso di vuoto nelle relazioni.
di MARIA CRISTINA STROCCHI | 19/10/2017
Cosa porta i giovanissimi a cercare prove per superare i limiti fino a provocarsi anche la morte? L’adolescenza è un momento molto difficile della vita, fatto di cambiamenti a 360°. Si attraversano molte crisi: di identità, affettive, di valori, incertezze sul futuro che, se vogliamo proprio dire, non è molto roseo. Ovunque si parla di crisi di lavoro, di difficoltà per i giovani di trovare una professione a tempo indeterminato, paure per attacchi terroristici, difficoltà e crisi di coppia. A questo si aggiungono le difficoltà familiari con un numero sempre maggiore di genitori separati, magari in conflitto tra di loro, poco dialogo nelle famiglie sia per le molte cose da fare per “mantenersi a galla” economicamente sia perché gli adulti sono presi dai social, da internet e cellulari. Ed ecco la solitudine, la voglia di trasgredire, di mettersi alla prova per dimostrare a se stessi di essere qualcuno, di diventare protagonisti. Ho chiesto a molti miei pazienti adolescenti se i loro genitori o insegnanti favoriscono il dialogo anche su questi temi così importanti. Mi è stato detto che i genitori a volte ne parlano ma gli insegnanti si limitano alle materie di studio. Finché anche i docenti ed il sistema scolastico non apriranno ai temi sociali e la considerazione dello studente come “essere umano e non come essere a cui dare un voto” non se ne verrà fuori. La rete e i social, che ci rendono connessi ogni momento, non ci fanno sentire paradossalmente più soli e cosa modificano nella naturale propensione alla ribellione adolescenziale? I social sono come una vetrina in cui la persona parla di sé e più facilmente diventa vittima di personaggi negativi che spiano le difficoltà altrui, sapendo poi manipolare le menti più fragili. Pochi si rendono conto che non sempre dietro ci sono persone buone o che comunque tutto ciò che scrivono o pubblicano rimane per sempre nel web. Quindi c’è sempre più solitudine, meno dialogo, meno rapporti umani profondi e molta apparenza, terreno fertile per la tristezza e il senso di vuoto nelle relazioni.
di MARIA CRISTINA STROCCHI | 19/10/2017